Nirvana s. m. [dal sanscr. nirvāṇa «estinzione»], invar. – Nel buddismo, stato perfetto di pace e felicità, culmine della vita ascetica, che consiste nella estinzione dei desiderî, delle passioni, delle illusioni dei sensi, e quindi nell’annientamento della propria individualità. In senso fig., più genericam., stato di beatitudine, di appagamento, di puro godimento spirituale: a me in quel n. di splendori e di suoni avviene e piace di annegare la coscienza di uomo (Carducci); si sarebbe perso nella corrente dell’esistenza, nella fusione senza intermediari in Dio, nell’amato nirvana (Pietro Citati). In psicanalisi, principio del n., la caratteristica tendenza della psiche ad abbassare, fino a ridurla a zero, la tensione provocata da ogni genere di stimoli, come se, per un suo istinto di morte, desiderasse di conseguire la stasi del mondo inorganico.
Nel Buddhismo il nirvana è il fine ultimo della vita, lo stato in cui si ottiene la liberazione dal dolore (duḥkha). La dottrina del nirvana nel Buddhismo solitamente non viene definita con termini positivi, ma negativi: dato che il nirvana è al di là del pensiero razionale e del linguaggio, non è possibile affermare quello che è ma, piuttosto, quello che non è.
Il Buddhismo crede nella rinascita di ogni specie. Se il karma della vita è negativo la vita può continuare nella sofferenza, se invece si ha un karma positivo la vita continua attraverso l'illusione del piacere.
Secondo il Buddhismo dei Nikāya la fine delle sofferenze, dei dolori e delle passioni, ivi comprese quelle piacevoli, è raggiungibile solo con il nirvana. Il nirvana è riuscire a liberarsi dei tre difetti fondamentali: la brama, l’odio e l’illusione. Nirvana non è il "nulla", esso non viene mai descritto e chi lo ha realizzato lo indica come un’immensa, inimmaginabile e imperturbabile consapevolezza ed è raggiunto solo dagli arhat.
Lo spirito raggiunge il più alto grado di consapevolezza che si possa raggiungere.
Nel giainismo la dottrina insegna pratiche di rilassamento e di ritrovamento del proprio essere, in alcuni concetti si avvicina alla filosofia del non essere o essere, per il resto è un complesso di insegnamenti spirituali. Cosa importante di questa dottrina è l'obbligo morale della ricerca della verità, in ogni contesto o luogo. Un caposaldo del nirvana nel giainismo è quello che spiega che la vita ha il suo completamento nella perseveranza della verità, e che la mancanza di verità porta sofferenza; inoltre, un popolo lontano dalla verità non potrà mai ascendere alla luce dell'essenza e sarà violento e smarrito. Per questo motivo la verità deve essere la ragione dell'esistenza.
Nell'Induismo il nirvana indica l'estinguersi dei desideri mondani e la realizzazione della liberazione (mukti o moksa) dall'illusione (maya). Nella Bhagavadgita viene definito come brahmanirvāṇa, l'estinzione dell'io nel Brahman, nelleUpaniṣad è chiamato turīya.
IL BUDDISMO
Il Buddismo si è sviluppato come dottrina universale della salvezza e del riscatto dal dolore. Esso è una delle grandi religioni del mondo, basata sugli insegnamenti del principe indiano Siddharta Gautama, comunemente conosciuto come "Il Buddha", il quale visse nel VI sec a.C.. "Buddha" significa colui il quale è Supremamente Illuminato -o colui il quale è Completamente Desto- e ha ottenuto la Consapevolezza Assoluta della Verità Permanente, la Verità Suprema. Gli insegnamenti di Buddha furono trasmessi solo oralmente da monaci di diverse regioni.
Il Buddismo nasce come "eresia" del Bramanesimo (culto degli dèi menzionati nei Veda). Il Buddha accettava l'esistenza degli dèi Vedici ma negava la loro superiorità sull'uomo, contestava l'autorità dei Veda, criticava i brahmini e il sistema delle caste. I bramini da parte loro condannavano il Buddha come il peggior tipo di eretico. Dato che ambedue le religioni esistettero fianco a fianco per molti secoli ed essendo tutte e due molto tolleranti, ebbe quindi luogo una certa influenza reciproca: molti aspetti del Buddismo furono assorbiti dal bramanesimo ed anche i buddisti adottarono rituali e divinità Indù.
Il Buddismo è un sentiero di pratica spirituale. Secondo la tradizione buddista, il sentiero spirituale è il processo del tagliare la confusione che ricopre lo stato sveglio della mente. Il cuore della nostra confusione risiede nel fatto che siamo costantemente preoccupati per noi stessi. Siamo egocentrici e non ci relazioniamo con il mondo che ci circonda con apertura e calore, bensì con passione, aggressività ed ignoranza.
Chi era Siddharta?
Siddartha era figlio del governatore di uno dei piccoli e bellicosi regni dell'India del nord. Egli trascorre la prima parte della sua esistenza nel lusso e nella mondanità. A 16 anni il padre lo fa sposare e dopo 13 anni ha un figlio, ma proprio all'età di 29 anni decide di abbandonare tutto e tutti.
Non avendo mai conosciuto alcun aspetto veramente negativo della vita, in quanto non era mai uscito dai confini del proprio palazzo, rimase un giorno letteralmente sconvolto al vedere, in un villaggio, un vecchio decrepito, un malato grave e un corteo funebre. Improvvisamente capì che esistevano anche le malattie, la vecchiaia e la morte come destino universale degli esseri umani. Il giovane principe, profondamente turbato dallo spettacolo della sofferenza, rinunciò ai fasti della reggia paterna e percorse la via che lo portò al di là di ogni sofferenza e all'acquisizione di ogni virtù. Incontrò un povero asceta che aveva rifiutato volontariamente ogni ricchezza e piacere della vita e che errava felice per la campagna: decise così di seguire il suo esempio. Desideroso di conoscere il cammino che conduce al termine dello stato temporale (lo stato in cui nulla permane) e che assicura il benessere permanente, Egli rinunciò alla vita mondana, divenne un vagabondo ascetico e si mise alla ricerca della Realtà Suprema. Divenne un Bodhisattva (chi è destinato a divenire un Buddha, cioè l'asceta che, per illuminare il prossimo, rinuncia a raggiungere il Nirvana), un individuo immerso profondamente in un periodo di intenso sviluppo e adoperamento al fine di realizzare la Conoscenza Perfetta e la Suprema Illuminazione Totale necessarie ad un Buddha.
Il Buddha visse per sette anni nella foresta, sottoponendosi - sotto la guida di vari maestri - a sofferenze, digiuni, e privazioni d'ogni genere, al fine di conseguire la pace interiore e la conoscenza della Verità. Ma non rimase soddisfatto di questa vita. Abbandonò ogni maestro e decise di ricercare da solo la via della Liberazione (mukti). A 35 anni, giunto alla soglia della morte per esaurimento, una notte -secondo la tradizione-, mentre era seduto ai piedi di un albero, sprofondò nei suoi pensieri pervenendo all'"Illuminazione" (Buddha significa "illuminato" o "risvegliato"). Essa consisteva nel rifiutare sia una vita di piaceri, perché troppo effimera, che una vita di sofferenza volontaria, perché fonte di orgoglio. Egli raggiunse la mèta che si era prefisso ed ottenne la realizzazione della Conoscenza Perfetta. Egli trovò il cammino che conduce alla cessazione di tutte le cose temporali e di tutte le angustie: il Nirvana (estinzione di ogni desiderio e passione, di ogni legame con la realtà corporea, forma di beatitudine, di quiete totale, raggiunta solo attraverso stadi successivi fino all'ultimo, che garantisce l'immunità da altre rinascite). Nirvana è il più comune dei vari nomi che il Buddha diede all'obiettivo della sua religione. Alcuni degli altri sono l'Eccellente, la Purezza, l'Isola, la Libertà e il Culmine. La parola Nirvana viene dalla radice del verbo "estinguere" e si riferisce all'estinzione dei fuochi del desiderio, odio e illusione. Quando queste oscurazioni sono stati distrutte dalla Saggezza, la mente diventa libera, radiante e gioiosa e alla morte non si è più soggetti alla rinascita.
Grazie all'esperienza della meditazione, il Buddha penetrò l'essenza della mente, ne realizzò la natura profonda, raggiungendo il risveglio o l'illuminazione. Avendo scoperto la realtà di ciò che siamo, prese a insegnare il Dharma (in Sanscrito, o Dhamma, in Pali), il quale ha diversi significati, come insegnamento, natura, Verità, e comunemente indica gli insegnamenti e la dottrina del Buddha, che spiegano e descrivono la natura delle cose, il modo in cui le cose sono, il modo in cui le cose agiscono, nonché la Via di Mezzo (ossia le pratiche per ottenere l'illuminazione evitando gli estremi della autoindulgenza sensoriale da una parte e l'automortificazione dall'altra), proponendo una via per accedere alla stessa esperienza che egli aveva realizzato. Coloro che seguono i suoi insegnamenti considerano il Buddha uno specchio senza tempo delle potenzialità naturali e intrinseche della mente. Il suo insegnamento, che rende liberi dalla paura, gioiosi e pieni d'amore, è la religione principale in molti paesi asiatici.
Al momento del "Risveglio" Siddartha credette di riconoscere quattro Verità fondamentali dell'esistenza. Quattro settimane dopo aver raggiunto l'Illuminazione, il Buddha diede il primo insegnamento. Ciò che insegnò fu proprio Le quattro nobili Verità. Il Buddha insegnò continuamente questi metodi dall'età di 35 anni, quando manifestò la sua illuminazione, fino all'età di ottant'anni, quando lasciò il suo corpo. Per circa quarantacinque anni insegnò gli ottantaquattromila insegnamenti che possono portare beneficio a tutti. Cominciando coi suoi discepoli a predicare il Dharma (legge, regola della dottrina buddista) per tutta l'India, egli si rivolse (diversamente dai brahmani) alla gente comune, usando i loro idiomi locali. Dopo circa 40 anni di pellegrinaggio e di insegnamento, egli morì, avvelenato da cibi guasti, e fu cremato dai suoi discepoli secondo il rito indiano (circa 477 a.C.). Nel III a.C. il re Asoka, capo di una dinastia che lottava per unificare sotto il suo dominio la maggior parte dell'India, si convertì al Buddismo e contribuì alla sua diffusione, dentro e fuori dell'India, facendone una religione di stato.
Quali sono gli insegnamenti fondamentali del Buddismo?
I quattro pensieri fondamentali
Conosciuti come Pratiche preliminari ordinarie, I Quattro Pensieri Fondamentali formano il contesto per tutta la pratica Buddista e aiutano la stabilità della nostra motivazione.
1- Il Prezioso Corpo Umano. Ci rendiamo conto della rarità della condizione di aver ottenuto una esistenza umana e riconosciamo la preziosa opportunità di utilizzare i metodi di un Buddha per il beneficio di noi stessi e degli altri.
2- L'Impermanenza. Ogni cosa composta è impermanente. L'unica cosa che è senza fine, è lo spazio chiaro ed illimitato della mente.
3- La Legge del Karma. Karma significa causa ed effetto. In ciascun momento, ogni pensiero, parola e azione viene impressa nella nostra coscienza e si manifesterà in una condizione futura. Noi stessi creiamo il nostro futuro e nessun altro è responsabile della nostra situazione se non noi stessi.
4- La natura insoddisfacente dell'esistenza condizionata. L'infelicità è una caratteristica inseparabile dall'esistenza ciclica e condizionata, dove attaccamento ed avversione - cause di sofferenza - sono prodotte dall'instabilità e dal cambiamento. L'unico modo per trascendere questo stato è sperimentare la vera natura delle nostre menti.
Teoria della rinascita (Samara). Tutta la vita è dolore. L'origine del dolore è la "sete" o desiderio (piacere, voler esistere, non voler esistere), e vi sono tre radici del male: concupiscenza (brama), ira (odio) e ottenebramento (cecità mentale). L'io che non riesce a sottrarsi a questa schiavitù, è destinato a reincarnarsi (Samsara) in eterno, almeno fino a quando non si sarà purificato interamente. Nella morte gli elementi materiali e spirituali dell'uomo si sciolgono e periscono, ma il flusso della vita cosciente continua al di là della morte e costituisce la base per la formazione di un nuovo essere, che è diverso dal morto ma è insieme la sua continuazione. Quando una persona muore, successivamente rinasce e questo processo di morte e rinascita continuerà fino a che non si ottenga il Nirvana. Ciò fa sorgere la domanda: "Cosa è una persona?". Molte religioni credono che l'essenza di una persona sia l'anima, una entità eterna e immateriale che sopravvive dopo la morte. Il Buddismo dice che la persona è fatta di pensieri, sensazioni e percezioni che interagiscono con il corpo in modo dinamico e costantemente in mutamento. L'io non è un'entità individuale, ma è una combinazione di particelle diverse (dharma, o qualità spirituali), di tipo sensitivo, volitivo, percettivo e di impulsi innati: non esiste l'unitarietà dell'io né la sua personale immortalità. L'uomo deve rispondere sia della vita trascorsa che della vita passata nelle generazioni precedenti. Questa circolazione o flusso dei Dharma è la ruota della vita da cui ci si deve liberare. Alla morte questo flusso di energia mentale è ristabilita in un nuovo corpo. Così il Buddismo è capace di spiegare la continuità dell'individuo senza far ricorso alla fede di un'anima eterna, un'idea che contraddice la Verità universale dell'impermanenza. Le circostanze nelle quali uno rinasce sono condizionate dal Karma creato nella vita precedente.
Il primo fatto incontrovertibile dell'esistenza è la legge del continuo mutamento, o della decadenza. Tutto quel che esiste passa attraverso il medesimo ciclo d'esistenza, nasce, cresce, decade, scompare. Solo la vita ha continuità, sempre alla ricerca d'autoespressione in nuove forme. La legge del continuo mutamento si applica parimenti all'uomo. Non v'è principio alcuno, in un individuo, che sia immortale e immutabile. Soltanto il "senza nome", la realtà ultima, è al di là d'ogni mutamento. Ogni forma di vita, incluso l'uomo, è una manifestazione della realtà ultima. Nessuno possiede la vita che scorre in lui, come nessuna lampadina possiede la corrente che le fornisce luce.
Legge Karmica della causalità. Secondo la dottrina del Buddha, ciò che accade nel mondo è solo effetto della legge di compenso che si applica automaticamente, punendo ciò che è cattivo e premiando ciò che è buono. Karma significa "causa ed effetto", non destino. Ognuno è responsabile della propria condizione di vita. Viene negata l'essenza a tutte le cose, motivando ciò col fatto che ogni cosa trae la propria realtà da altre cose che ne sono la causa. Solo il Nirvana sfugge a tale destino, in quanto non è uno "stato", bensì una "condizione" di assenza (non c'è morte e vita, gioia e dolore…). Lo stesso "io" non è che una successione di stati di coscienza fondati su un insieme di psichismi, sensazioni e parvenze fisiche. L'io, se lo si intende come "realtà", non è che un'illusione.
L'universo è l'espressione di leggi. Ogni effetto ha una causa, e l'anima o indole dell'uomo è il risultato finale dei suoi precedenti pensieri e azioni. Il karma, che significa azione-reazione, governa ogni esistenza e l'uomo è forse l'unico creatore delle proprie circostanze e della propria reazione ad esse, del proprio stato futuro e del proprio destino ultimo. Mediante il retto pensiero e la retta azione egli può gradualmente purificare la propria indole e conseguire, con l'andar del tempo, la liberazione dalla rinascita. Questo processo abbraccia lunghissimi periodi di tempo e varie rinascite, ma ogni forma di vita raggiungerà certamente il risveglio.
Quattro nobili Verità. Il Buddismo indica la via della felicità attraverso l'annientamento del dolore. Sintesi della dottrina buddista sono le quattro nobili Verità:
1- l'esistenza del dolore. Realtà della sofferenza: l'esistenza condizionata è sofferenza. La realtà dell'esistenza personale e del mondo esteriore è dolore, consistente nell'invarianza delle sue condizioni: nascita, malattia, morte, mancanza di ciò che si desidera, unione con ciò che dispiace, separazione da ciò che si ama. I desideri non possono realizzarsi e, anche quando lo sono, non procurano la felicità, poiché ne sorgono altri di grado superiore o di diversa natura. Anche il piacere è dolore, in quanto implica adesione a qualcosa di estraneo. Paragonato alla felicità suprema dell'Illuminazione, ogni cosa è sofferenza. Perfino il più alto momento di gioia ed amore senza paura, l'emozione più appagante: sono tutti meno perfetti di quello stato costante dove l'Illuminazione è stata realizzata.
2- l'origine del dolore. Il dolore ha una causa: l'origine del dolore è il desiderio o brama di esistere, il bisogno del piacere e anche il suo rifiuto. Il disagio è basato sull'ignoranza e si perpetua con le voglie insoddisfatte e con l'intossicazione dei sensi e delle sensazioni, trasformandosi di volta in volta in illusione e ignoranza. Vi sono tre radici del male: concupiscenza (brama), ira (odio) e ottenebramento (cecità mentale). La mente di un essere non illuminato funziona come un occhio. Vede ogni cosa che succede ma non può vedere se stesso. Questa incapacità della mente di esperire se stessa è la radice del mondo condizionato, la causa della sofferenza.
3- la distruzione del dolore. Esiste una fine alla sofferenza: l'estinzione del desiderio significa fine del dolore. Questa sete generatrice delle rinascite va estinta nel Nirvana (il desiderio va eliminato). Il Buddha affermò di avere egli stesso raggiunto la meta. Annunciò la fine della sofferenza, lo stato di totale perfezione che egli stesso sperimentava ora ininterrottamente. Per la prima volta nella storia veniva presentato qualcosa di assoluto, un obiettivo desiderabile per tutti, un vero rifugio valido per chiunque. Il Buddismo è la via di scampo per coloro che cercano la fine di tutte le angustie. Angustia è nascere, è la sofferenza, è il dolore, è la tristezza, la malattia, la vecchiaia, la morte, le afflizioni, la disperazione, la povertà, la cattiveria, il risentimento, le calamità, le tribolazioni, gli infortuni, la guerra, la pazzia, la fame, i desideri non compiuti, i bisogni non soddisfatti, l'associazione con gli indesiderati e la separazione dalle persone amate, tutto ciò che è instabile e incontrollabile. Il Buddismo è per coloro che hanno capito che tutto quello che è stato creato è temporaneo; e che tutto ciò che è temporaneo è inerentemente nocivo: non c'è beatitudine permanente o felicità nelle cose temporanee, solo dolore e pericolo.
4- la via che conduce alla cessazione del dolore. Esiste una strada che conduce a questa fine (il sentiero che conduce alla cessazione della sofferenza): la via che conduce all'arresto del dolore è l'Ottuplice Sentiero, che consiste in metodi efficaci per lavorare con corpo, parola e mente. L'estinzione del desiderio si raggiunge esercitando il controllo sul proprio modo d'agire, di pensare e credere. L'illuminazione avviene attraverso il proprio impegno personale nello sviluppo del pensiero e delle azioni rette, attraverso la conoscenza dell'Ottuplice Nobile Cammino che conduce alla cessazione del disagio e guida al raggiungimento della meta: il Nirvana.
L'Ottuplice Sentiero
Il buddista, per arrivare all'eliminazione dei desideri, deve seguire le otto vie fondamentali del Dharma:
1- la retta visione, per cui si contempla la realtà com'è, senza inquinarla coi propri complessi inconsci, abitudini inveterate, pregiudizi ecc..
2- il retto pensiero, possibile solo con un esercizio ininterrotto del controllo della propria rappresentazione concettuale: l’astenersi dai cattivi pensieri, da tutti i desideri e da tutto ciò che è manifesto, costruito, "creato" per essere creduto, per sviluppare l'imparzialità, il distacco totale, la rinuncia assoluta, l'abbandono di se stessi, per causare la cessazione di tutte le realtà "create".
3- la retta parola, la sua perfetta corrispondenza, senza enfasi né sciatteria, con l'oggetto enunciato: l’astenersi dal dire bugie, dall'avere pregiudizi, dal parlare con malizia e dal parlare con frivolezza.
4- la retta azione, l'agire esattamente quando e quanto sia necessario: l’astenersi dall'uccidere qualsiasi creatura, dal rubare in qualsiasi maniera, dalla condotta sensuale o sessuale impropria, dal compiere atti malvagi, da tutte le forme di intossicazione.
5- la retta forma di vita, la giusta misura, il saper mediare fra le necessità della vita fisica sulla terra e i fini spirituali che ognuno si propone di conseguire: l’astenersi da tutti i modelli di vita che hanno a che fare con il male.
6- il retto sforzo, la giusta iniziativa, il saper adeguare ogni iniziativa all'importanza dello scopo da conseguire.
7- la retta presenza mentale, il coltivare la repulsione per il mondo, guardandolo per la creazione in deterioramento quale è, e mantenere freddezza, distacco totale, con calma e tranquillità, tenendo a mente che tutto è senza essenza, che niente è.
8- la retta pratica della meditazione, la giusta concentrazione, senza sostare con la mente in stati d'animo depressi o esaltati, il tenersi lontani dal mondo, dagli stati generati dal male, da tutte le sensazioni generate dai sensi, vivendo in solitudine, in isolamento, con entusiamo, diligenza, con fermezza e determinazione.
Il Buddismo è un sentiero di pratica spirituale. Secondo la tradizione buddista, il sentiero spirituale è il processo del tagliare la confusione che ricopre lo stato sveglio della mente. Il cuore della nostra confusione risiede nel fatto che siamo costantemente preoccupati per noi stessi. Siamo egocentrici e non ci relazioniamo con il mondo che ci circonda con apertura e calore, bensì con passione, aggressività ed ignoranza.
Secondo il Buddha nessuno può raggiungere la sanità di base o illuminazione senza praticare la meditazione. La pratica della meditazione è un metodo per lavorare con chi siamo, con la nostra confusione e con la continua corrente di pensieri, in modo da far riemergere l’intelligenza e la sanità originaria che esistono nella nostra mente.
La meditazione è una delle fondamentali pratiche del sentiero buddista, un’attività della mente che prende coscienza dei suoi diversi aspetti, il mezzo fondamentale per percorrere l'Ottuplice sentiero.
Il Buddismo mette in risalto la necessità della concentrazione e della meditazione che conduce allo sviluppo delle facoltà spirituali. La vita interiore è altrettanto importante quanto l'attività esteriore quotidiana e periodi di calma per la mente sono essenziali per una vita equilibrata. Il tempo per meditare: Dite che siete troppo occupati per meditare. Avete tempo per respirare? La meditazione è il vostro respiro. Avete tempo per respirare, ma non per meditare? Respirare è qualcosa di essenziale per la vita delle persone. Se capite che la pratica del Dharma è essenziale per la vostra vita, allora vi renderete conto che respirare e praticare il Dharma sono ugualmente importanti.
La liberazione e l’illuminazione. Il primo passo, sulla via del pieno sviluppo delle proprie qualità e potenzialità, è chiamatoLiberazione; questo passo comincia con la scoperta che il corpo, i pensieri e le sensazioni non sono altro che processi in costante mutamento, un fluire ininterrotto in cui nulla è permanente o uguale a se stesso. Nasce la comprensione che ciò che chiamiamoio non esiste realmente in sé per sé; così si abbandona l'antica abitudine di sentirsi bersaglio delle circostanze, di prendere la sofferenza e i problemi come un fatto personale: quando si riesce a pensare "Esiste la sofferenza", anziché "Io soffro", si diventa completamente liberi e invulnerabili.
Il secondo passo definitivo è l’Illuminazione. Qui la mente esprime spontaneamente le proprie qualità innate di libertà dalla paura, gioia e compassione. L’illuminazione è la fine della rinascita: un completo non-attaccamento o non-identificazione con tutti i pensieri, i sentimenti, le percezioni, le sensazioni fisiche e le idee.
Nirvana. La salvezza suprema risiede nell'abolizione di tutte le possibilità di una nuova esistenza individuale. Il fedele deve cercare di raggiungere, uccidendo ogni desiderio e attaccamento alla vita, un'imperturbabilità perfetta, una sublime pace dell'anima (Nirvana). Scopo dei discepoli del Buddismo è il raggiungimento del Nirvana, uno stato di liberazione da sensazioni come il dolore, il timore, il bisogno e liberazione da sentimenti come amore e odio; una condizione di eterna pace, riposo e immunità. Il Nirvana non viene da Dio, ma dal di dentro di una persona attraverso il proprio sforzo per produrre opere buone e pensieri retti. L'ultima esortazione del Buddha ai suoi discepoli fu: "Contate su voi stessi e non contate su alcun aiuto esterno; tenetevi stretti alla Verità come a una lampada; ricercate la salvezza solo nella Verità; non cercare rifugio in altri che in te stesso".
Il Nirvana è l'obbiettivo, il fine, la realizzazione della Vera Realtà Suprema. L'Ottuplice Nobile Cammino del Buddismo è il mezzo per questo fine: otto attività da effettuare simultaneamente per raggiungere la meta, il Nirvana. Seguendo queste otto strade l'uomo giunge alla perfezione.
Il Nirvana:
1- secondo la scuola Mahayana, rappresenta il completo annientamento o non-essere, raggiungibile anche in vita e definibile come stato di pace totale e di gioia assoluta e di Verità ultima.
2- secondo la scuola Hinayana, sfugge a qualsiasi definizione, rappresenta la fine della vita accessibile alla coscienza e il passaggio a un’altra esistenza, inconsapevole, possibile solo dopo la morte.
In entrambi i casi Nirvana significa interruzione della catena delle reincarnazioni (Samsara).
Nirvana, anche se letteralmente significa "estinzione", spiritualmente significa "beatitudine".
Lo Stato Vero e Permanente della Realtà è il Nirvana, ciò che Non Fu Mai Nato, che Non fu Mai Fatto, Disfatto o Manifesto, tutto ciò che Non ha Condizioni, la Verità, tutto quello che Non Fu Mai Creato, né Costruito, l'Impercettibile, ciò che è Stabile, che Non si Deteriora, che Non Invecchia, che Non Muore, ciò che è Immortale e Incontaminato, la Pace, la Beatitudine, la Purezza, L'Eccellenza, la Perfezione e la Grandezza della Conoscenza, lo stato Libero dalle Malattie, l'Esonero e la Liberazione dalle Malattie, Ciò che Non ha Nome, la Serenità e la Purezza della Realtà stessa, Incambiabile e Assoluta, la Norma, la Meraviglia, la Mèta, il Reale.
Tutto quello che è creato è temporaneo, è soggetto alla decadenza e alla fine, ed è uno stato nocivo all'essere, quindi Non È, perché la Vera Natura della Stessa Realtà Assoluta non è realmente una parte di queste manifestazioni, di questi "castelli di sabbia".
Non hai mai pensato: perché io, che sono soggetto a nascere, alle malattie, alle angustie, alla decadenza, alla vecchiaia e alla morte, sono circondato da cose altrettanto soggette a nascere, alle malattie, alle angustie, alla decadenza, alla vecchiaia e alla morte, altrettanto temporanee? Non dovrei io, per assicurarmi il benestare permanente, cercare di raggiungere il Nirvana, la consapevolezza assoluta della realtà permanente, il rifugio permanente da questo insieme creato e manifestato da dolore, angustia e sofferenza?
I Dieci Anelli che "incatenano" gli Esseri a perpetuarsi nelle realtà artificiali, assemblate, fittizie, sono:
1-La nozione di una personalità individuale permanente, anima o essere.
1-La nozione di una personalità individuale permanente, anima o essere.
2-L'attaccamento a idee, riti, rituali, dogmi e superstizioni errate.
3-I dubbi e la confusione.
4-I vincoli, gli attaccamenti, le passioni, i desideri dei sentimenti, la lussuria e le ambizioni.
5-L'antipatia, l'avversione, l'odio, la malizia, il cattivi pensieri, la malevolenza e il disprezzo.
6-La lussuria e il desiderio di perpetuare all'infinito modelli di materia.
7-La lussuria e il desiderio di perpetuare all'infinito modelli privi di materia.
8-La presunzione, l'orgoglio, l'arroganza nel sentirsi "colui che decide".
9-L'entusiasmo nel costruire e perpetuare le realtà artificiali; le proprie illusioni e le proprie delusioni.
10-L'addizione all'insidia e lo stato completo di ignoranza.
Questo è il meccanismo che alimenta la continuazione e la ripetizione di ogni Punto di Vista dell'Io. La meta è neutralizzare le dipendenze e le smanie che perpetuano le manifestazioni delle realtà costruite. La fine di queste smanie è il Nirvana, il Vero Stato di Realtà Permanente, libero da tutto ciò che lo circonda.
Il Buddismo e il Dharma (Dhamma) o dottrina, sono la Via che conduce al termine delle dipendenze e dei desideri smodati, del tornare ad "essere" di volta in volta in uno stato di falsa esistenza.
La realtà ultima non si può descrivere e un dio non è la realtà ultima. Ma il Buddha, un essere umano, divenne il Risvegliato: il fine della vita è perciò il conseguimento del Risveglio. Questo stato, il Nirvana, l'estinzione delle limitazioni dell'io, si può raggiungere in questa stessa vita. Tutti gli uomini e tutte le altre forme di vita contengono "in nuce" la facoltà di raggiungere il risveglio. Si tratta di diventare quel che già si è. "Guarda dentro di te: tu sei il Buddha". Tra il risveglio potenziale e la sua attuazione si stende la via di mezzo, il sentiero degli otto elementi. L'unica fede richiesta dal Buddismo è la credenza ragionevole che là dove una guida è già proceduta, vale la pena che procediamo anche noi.
Comportamento sociale. Il Buddismo rifiuta il sistema brahminico delle caste e riconosce l'uguaglianza formale di tutti gli uomini. Ogni uomo ha uguali possibilità di salvezza morale, poiché tutto dipende dalla sua volontà. Il buddista ama non tanto il singolo, quanto il genere umano.
Condividere la felicità…
Migliaia di candele possono essere accese da una singola candela,
e la vita di questa non sarà abbreviata.
La felicità non diminuisce mai quando è condivisa.
Non si difende dal male ricevuto, non si vendica, non condanna chi commette un omicidio. Il buddista ha un atteggiamento di indifferenza per il male, rifiutando soltanto di compierlo. Chi compie il male, vedendo la non-reazione da parte di chi lo subisce, ad un certo punto si renderà conto che è inutile continuare a compierlo.
Regole etiche di vita. I precetti fondamentali del Buddismo, per le regole etiche di vita (sila), sono divisi in tre gruppi: i cinque divieti, gli otto comandamenti e le dieci condotte morali.
a) I cinque divieti sono:
1. non uccidere alcun essere vivente,
2. non prendere l'altrui proprietà,
3. non fare sesso con la donna altrui,
4. non dire menzogne,
5. non bere bevande inebrianti.
b) Gli otto comandamenti includono i suddetti cinque divieti, cui se ne aggiungono altri tre:
2. non mangiare cibo nei tempi non dovuti;
3. astieniti dal canto, dalla danza, dalla musica e da ogni spettacolo indecente; non ornare la tua persona con ghirlande, profumi e unguenti;
4. non usare sedili alti e lussuosi.
c) Gli ultimi due precetti morali sono:
1. non adoperare letti grandi e confortevoli;
2. non commerciare cose d'oro e d'argento.
Naturalmente questi precetti diventano tanto più esigenti quanto più uno cerca di purificarsi spiritualmente: il divieto di uccidere si estende fino a tutti gli animali, nessuno escluso; l'acqua può essere bevuta solo se filtrata; non si può usare l'aratro perché potrebbe ferire i vermi della terra; per i monaci, la castità sessuale deve essere completa; la povertà dev’essere assoluta ecc.
È bene però precisare che per raggiungere la Liberazione, più che una vita moralmente ineccepibile, la quale al massimo può dar luogo a un buon karman, il buddista deve dedicarsi alla Meditazione, che comporta un'energica disciplina ascetica (yoga), la cui esperienza in un certo senso va al di là di ogni morale. L'io deve liberarsi dell'Illusione circa la realtà del mondo e soprattutto circa la sua personalità, per sprofondare nel "non-io", nel "non-essere".
Virtù morali. Quanto alle virtù morali che deve seguire il buddista, esse si riducono a quattro:
1. compassione (percepire dentro di sé la gioia e il dolore dell'altro);
2. amorevolezza verso tutti gli esseri viventi;
3. letizia e considerazione del lato positivo delle cose;
4. imparzialità nel considerare la realtà.
La condizione della donna. Il Buddha sostenne sempre una fondamentale misoginia. La donna era vista come una fonte di tentazione del tutto incompatibile con la vita ascetica; essa non veniva condannata come persona, ma piuttosto come potere di seduzione che porta a quell'attaccamento per la vita che, attraverso le generazioni, perpetua la condizione di "essere nel mondo" e vincola, di conseguenza, l'individuo al suo dolore, alla sua cieca ignoranza, alla ruota delle rinascite. Poiché l'amore e l'unione sessuale sono le forme più primordiali in cui si manifesta la sete di vita, il Buddismo classico non poteva che negare alla donna la possibilità di giungere al Nirvana: l'unica condizione, per una donna, era quella di estinguere in sé tutto ciò che è femminile, in sostanza sforzarsi di sviluppare un pensiero maschile al fine di poter rinascere come "uomo".
Solo dopo molte discussioni e polemiche, il Buddha consentì ad ammettere le donne fra i suoi discepoli, in comunità separate, soggette a regole analoghe e alla sorveglianza da parte dell'abate della più vicina comunità monastica maschile, con l'obbligo di obbedire ai monaci maschi di qualunque età. A queste condizioni era possibile anche per loro raggiungere il Nirvana. Questa forma di maschilismo è venuta attenuandosi col tempo.
Il Buddismo non interviene negli aspetti della quotidianità e neppure nelle vicende fondamentali della vita, come il matrimonio e la nascita dei figli, i cui riti si basano sempre su usanze locali.
Il Buddismo è una religione, una filosofia o una scienza?
Il Buddismo non è imperniato sul culto di un dio ma su una dottrina morale che propone la salvezza attraverso l'estinzione del dolore nel Nirvana: respinge l'idea di un creatore e di una provvidenza perché non compatibili con l'esistenza d'un mondo immerso nel dolore e moralmente cattivo né col castigo eterno dei peccatori.
Buddha non negò esplicitamente l'esistenza degli dèi brahmani, ma questi -secondo la sua filosofia- non possono evitare all'uomo le sofferenze della vita: credere o non credere in loro non cambia le cose. Il cammino che porta alla salvezza l'uomo deve trovarlo da solo. D'altra parte anche le divinità sono, per il Buddismo, soggette al Samsara.
Il Buddismo enfatizza la ricerca della Verità: insegna a "vedere e osservare", non a "vedere e credere". E’ razionale, e richiede uno sforzo personale, perché solo così può realizzarsi la Conoscenza Perfetta: ogni individuo è responsabile della propria emancipazione dalle angustie e dalla sofferenza.
Il Buddismo permette ad ogni individuo di studiare ed osservare la Verità internamente, senza l'esigenza di una fede cieca per accettarla. Non si avvale di dogmi, di dottrine, di riti o di cerimonie, non vuole sacrifici, né penitenze, non è un sistema di fede e preghiera, ma soltanto una guida al cammino verso la Suprema Illuminazione. Il Buddha diceva che i suoi insegnamenti sono la zattera sulla quale possiamo allontanarci da questa spiaggia di sofferenza e temporaneità, per raggiungere la protezione e la beatitudine dell'altra sponda: la Consapevolezza Assoluta della Realtà Permanente, il Nirvana. Raggiunto il Nirvana, la zattera non sarà più necessaria.
Le ultime parole del Buddha furono un'esortazione che ancora oggi distingue nettamente il Buddismo da ciò che viene comunemente chiamato religione: "Ora posso morire felice; non c'è un solo insegnamento che io abbia tenuto per me. Tutto ciò che può esservi di beneficio ve l'ho già dato… Non credete alle mie parole solo perché ve le ha dette un Buddha, ma esaminatele con cura. Siate luce e guida a voi stessi." Queste affermazioni mostrano l'approccio concreto del Buddismo alla vita di tutti i giorni. Quando la gente chiedeva al Buddha perché e cosa insegnasse, egli rispondeva: "Insegno perché voi e tutti gli esseri viventi desiderate la felicità e cercate di evitare la sofferenza. Insegno le cose così come sono".
Le domande metafisiche o teologiche sull'essenza del mondo, sull'origine dell'universo ecc. vengono considerate inutili ai fini dell'Illuminazione. Il Buddismo vuole porsi come filosofia di vita e come pratica meditativa. Nel momento dell'Illuminazione il Buddha avrebbe intuito un preciso imperativo etico: "liberarsi dalle opinioni". L'atteggiamento, quindi, vuole essere di tipo anti-dogmatico. "La dottrina è simile a una zattera -disse il Buddha -, serve per attraversare e non per trasportarsela sulle spalle".
Il Buddismo è un sistema di pensiero, una religione, una scienza spirituale e un'arte di vivere, ragionevole, pratico, onnicomprensivo. Esercita un fascino per l'Occidente perché non ha dogmi, soddisfa al tempo stesso la ragione e il cuore, insiste sulla necessità di fare affidamento su se stessi e d'essere tolleranti verso le altrui opinioni, abbraccia scienza, religione, filosofia, psicologia, etica ed arte, ritiene che l'uomo sia il creatore della propria vita attuale e l'artefice del proprio destino. Proprio questa particolare forma di "ateismo implicito" per molti intellettuali occidentali ha fatto del Buddismo un oggetto di interesse e di studio: si pensi a Schopenhauer, a Hesse (di quest'ultimo è famoso il libro “Siddharta”), fino a Bertolucci (di cui il film “Piccolo Buddha”).
Il Buddismo insegna a non essere legati in modo dogmatico o ossessivo ad alcuna dottrina, teoria o ideologia, nemmeno a quelle Buddiste. Tutti i sistemi di pensiero sono mezzi di orientamento, non sono Verità assolute. Afferma il Dalai Lama: “Il Buddismo non vi dice mai di essere dogmatici. Se sentite il dogma nella pratica Buddista, riconsiderate quel Buddismo. Se diventate dogmatici, riesaminate il vostro Buddismo. Il Buddismo è educazione, non una religione. Non adoriamo il Buddha, lo rispettiamo come Maestro. Il suo insegnamento ci permette di lasciare la sofferenza e realizzare la vera gioia”. Ed ancora, sostiene il Dalai Lama: “Qualunque discorso che ignori il dubbio non è il discorso di un saggio”.
L’approccio del Dalai Lama è assai diverso da quello di molte religioni occidentali, perché si basa più sul ragionamento e l’addestramento mentale che sulla fede: sotto certi aspetti è una scienza della mente. Per il Dalai Lama è errato associare la spiritualità alla religione. E’ invece opportuno sapere distinguere:
1- le “convinzioni religiose” in senso proprio, che ognuno può scegliere in base alle proprie disposizioni mentali o non scegliere affatto e il cui scopo è giovare alla gente, alimentare lo spirito umano, tutte utili e rispettabili, concepite per rendere l’individuo più felice e il mondo migliore offrendo ognuna strumenti per cercare la felicità e la pace dell’animo;
2- dalla vera spiritualità o “spiritualità di base”, consistente nelle fondamentali qualità umane come la bontà, la gentilezza, la compassione, la sollecitudine. Che siamo credenti o no, questa spiritualità è essenziale e più importante delle convinzioni religiose, perché qualsiasi religione, per quanto mirabile, sarà comunque accettata da un numero limitato di individui, ma in quanto essere umani tutti abbiamo bisogno di valori spirituali di base, senza di cui nessuno potrà essere felice: la nostra famiglia soffrirà e, in ultima analisi, la Società. Dei cinque miliardi di persone nel pianeta, solo un miliardo all’incirca sarà composto di veri credenti e praticanti: dunque, per la restante maggioranza del pianeta, tale spiritualità di base è lo stimolo a diventare persone buone e morali pur in assenza di religione. A tal fine è essenziale educare la gente che tali valori positivi sono le qualità migliori degli esseri umani e non riguardano solo la dimensione religiosa. La vera spiritualità deve dare come risultato la calma, la felicità e la serenità interiori: tutti gli stati mentali virtuosi sono autentico Dharma perché non possono coesistere con cattivi sentimenti.
Il Buddismo considera valide tutte le religioni e non conosce l'intolleranza, perchè nessuno ha il diritto di intromettersi nel viaggio del suo prossimo verso la meta.
Il Dharma del Buddha è, dunque, una scienza interiore. Quando si studia il Buddismo, studiamo noi stessi: impariamo a conoscere la natura della nostra mente, che può essere paragonata a una mano, temporaneamente legata tanto dalla rappresentazione concettuale di un io (“ego” o sé che dir si voglia) quanto dai concetti e dalle fissazioni derivate da questa idea. A poco a poco, con la pratica, si eliminano fissazioni e concetti egoici e, proprio come una mano, quando viene slegata, può finalmente aprirsi, la mente si apre, acquisendo ogni sorta di possibilità operativa. Scopre allora di avere numerose qualità e destrezze, proprio come accade alla mano una volta liberata da ciò che la legava. Queste qualità sono le “qualità del risveglio”, le qualità della mente pura. Il Buddismo tratta di una conoscenza sperimentale che ci insegna a riconoscere la nostra fondamentale natura, ci libera dall'asservimento alle illusioni, alle passioni e ai pensieri: consente di scoprire la vera felicità durante la vita, nel momento della morte e nelle esistenze future, fino al risveglio spirituale assoluto che è lo stato di Buddha.
Ciò che contraddistingue il Buddismo è il fatto che garantisca a tutti la possibilità di conseguire il Nirvana: a tal proposito sono significative le parole del Dalai Lama: “Se la vostra mente è vuota, è sempre pronta per tutto; è aperta a tutto. Nella mente di principiante ci sono molte possibilità, nella mente esperta ce ne sono poche”.
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Tratto parzialmente da:
http://it.wikipedia.org/wiki/Nirvana
http://www.centronirvana.it/articolididharma57.htm
http://www.treccani.it/vocabolario/nirvana/
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