La sua funzione è quella di coordinare le varie iniziative e sensibilizzare l’opinione pubblica, ma soprattutto vuole fare pressione a livello politico....
Sarà che a Roma la vita è molto dura, gli affitti sono alle stelle, il tessuto sociale è sempre più sgretolato, ma qui molta gente è convinta che vivendo in un cohousing migliorerebbe la qualità della vita, le bambine/i crescerebbero più felici, diminuirebbe lo stress e pure il traffico. Però chiunque abbia provato a realizzare un cohousing con le proprie forze ha visto fallire tutti i tentativi perché il mercato immobiliare è spietato, la speculazione è molto forte e la burocrazia è ottundente. Cosi i vari gruppi si sono organizzati.
Le associazioni già presenti sul territorio ed i vari gruppi informali che stanno cominciano a prendere forma si sono uniti per avere un’unica voce ed hanno creato la Rete per il cohousing. La sua funzione è quella di coordinare le varie iniziative e sensibilizzare l’opinione pubblica, ma soprattutto vuole fare pressione a livello politico, affinché il cohousing venga riconosciuto ed adottato dagli organi amministrativi. La Rete ha come obbiettivo anche quello di allargarsi e di racchiudere tutte le associazioni esistenti a livello nazionale. A Roma è riuscita a raggiungere alcune importanti conquiste.
I primi risultati
Un primo successo si è avuto nel gennaio 2009, quando il consigliere comunale Giulio Pelonzi ha inserito il cohousing all’interno del Documento di Programmazione Finanziaria (DPF) del PD definendolo come “progetto pilota, una sperimentazione che il Comune potrebbe portare avanti a livello non solo cittadino ma anche regionale e nazionale”. A seguito di ciò il Comune di Roma ha voluto approfondire l’argomento ed ha incaricato l’Associazione MIDA, specializzata in pratiche di vita sostenibile, di redigere uno studio sulla fattibilità legislativa ed economica di un cohousing nell’area metropolitana di Roma.
Lo studio è stato presentato il 15 dicembre in Campidoglio offrendo suggerimenti e strumenti pratici all’amministrazione e alle addette/i ai lavori per poter agire concretamente. “Abbiamo approfondito l’aspetto pratico della realizzazione e cioè le norme urbanistiche, la legislazione esistente in merito e le formule di approvvigionamento finanziario, con tanto di esempio pratico di un progetto su di un’area esistente” spiega Mauro Furlotti presidente dell’Associazione. ”Vogliamo che questa iniziativa abbia un carattere sì divulgativo, ma anche propositivo e pratico, per questo abbiamo invitato non solo i rappresentanti delle istituzioni ma anche i costruttori.”
Inoltre, a Novembre del 2009 è stato emanato un Bando del Comune di Roma per la Riqualificazione degli Immobili agricoli (PRIA) (www.comune.roma.it/ Dipartimenti e altri uffici/Dipartimento III/) nel quale il cohousing è stato inserito come intervento migliorativo a livello sociale. Nell’assegnazione dei punteggi, nel caso in cui le proprietarie/i stipulino un accordo preventivo documentato con “associazioni di cohousing” otterranno un punto in più. Il Bando mira a riqualificare le aziende agricole dell'agro romano ed a reperire alloggi in affitto a canone basso all'interno degli edifici attualmente inutilizzati presenti nelle aree agricole per i quali sarà possibile ottenere un cambio di destinazione d’uso a residenziale. Questa iniziativa risolverà in parte il problema dei gruppi di reperimento dell’immobile, ma le limitazioni sono molte: i membri non avranno la possibilità di comprare casa e per poter accedere all’affitto calmierato dovranno rispondere ai requisiti propri dell’housing sociale (tetto di reddito, impossibilità di accedere al libero mercato etc). Inoltre nel bando non viene specificato cosa si intende per associazione di cohousing, il che potrebbe portare a disguidi ed inganni di vario tipo. In generale poi vi sono molte perplessità rispetto alle ripercussioni che il bando avrà sul territorio: c’è infatti chi vi legge un ennesimo saccheggio dell’agro romano, guidato da interessi speculativi piuttosto che da una pianificazione ragionata.
Le associazioni già presenti sul territorio ed i vari gruppi informali che stanno cominciano a prendere forma si sono uniti per avere un’unica voce ed hanno creato la Rete per il cohousing. La sua funzione è quella di coordinare le varie iniziative e sensibilizzare l’opinione pubblica, ma soprattutto vuole fare pressione a livello politico, affinché il cohousing venga riconosciuto ed adottato dagli organi amministrativi. La Rete ha come obbiettivo anche quello di allargarsi e di racchiudere tutte le associazioni esistenti a livello nazionale. A Roma è riuscita a raggiungere alcune importanti conquiste.
I primi risultati
Un primo successo si è avuto nel gennaio 2009, quando il consigliere comunale Giulio Pelonzi ha inserito il cohousing all’interno del Documento di Programmazione Finanziaria (DPF) del PD definendolo come “progetto pilota, una sperimentazione che il Comune potrebbe portare avanti a livello non solo cittadino ma anche regionale e nazionale”. A seguito di ciò il Comune di Roma ha voluto approfondire l’argomento ed ha incaricato l’Associazione MIDA, specializzata in pratiche di vita sostenibile, di redigere uno studio sulla fattibilità legislativa ed economica di un cohousing nell’area metropolitana di Roma.
Lo studio è stato presentato il 15 dicembre in Campidoglio offrendo suggerimenti e strumenti pratici all’amministrazione e alle addette/i ai lavori per poter agire concretamente. “Abbiamo approfondito l’aspetto pratico della realizzazione e cioè le norme urbanistiche, la legislazione esistente in merito e le formule di approvvigionamento finanziario, con tanto di esempio pratico di un progetto su di un’area esistente” spiega Mauro Furlotti presidente dell’Associazione. ”Vogliamo che questa iniziativa abbia un carattere sì divulgativo, ma anche propositivo e pratico, per questo abbiamo invitato non solo i rappresentanti delle istituzioni ma anche i costruttori.”
Inoltre, a Novembre del 2009 è stato emanato un Bando del Comune di Roma per la Riqualificazione degli Immobili agricoli (PRIA) (www.comune.roma.it/ Dipartimenti e altri uffici/Dipartimento III/) nel quale il cohousing è stato inserito come intervento migliorativo a livello sociale. Nell’assegnazione dei punteggi, nel caso in cui le proprietarie/i stipulino un accordo preventivo documentato con “associazioni di cohousing” otterranno un punto in più. Il Bando mira a riqualificare le aziende agricole dell'agro romano ed a reperire alloggi in affitto a canone basso all'interno degli edifici attualmente inutilizzati presenti nelle aree agricole per i quali sarà possibile ottenere un cambio di destinazione d’uso a residenziale. Questa iniziativa risolverà in parte il problema dei gruppi di reperimento dell’immobile, ma le limitazioni sono molte: i membri non avranno la possibilità di comprare casa e per poter accedere all’affitto calmierato dovranno rispondere ai requisiti propri dell’housing sociale (tetto di reddito, impossibilità di accedere al libero mercato etc). Inoltre nel bando non viene specificato cosa si intende per associazione di cohousing, il che potrebbe portare a disguidi ed inganni di vario tipo. In generale poi vi sono molte perplessità rispetto alle ripercussioni che il bando avrà sul territorio: c’è infatti chi vi legge un ennesimo saccheggio dell’agro romano, guidato da interessi speculativi piuttosto che da una pianificazione ragionata.
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