Diagnosi alternative più appropriate della MCS
Grace Ziem, M.D., Dr. P.H.
Our Toxic Times, aprile 2007, pubblicazione del Chemical Injury Information Network – www.ciin.org
Traduzione a cura di A.M.I.C.A. – www.infoamica.it
Our Toxic Times, aprile 2007, pubblicazione del Chemical Injury Information Network – www.ciin.org
Traduzione a cura di A.M.I.C.A. – www.infoamica.it
Ritengo che i lettori di Our Toxic Times
dovrebbero essere consapevoli dei problemi molto seri riguardo
l’adozione del termine “MCS”. Molti sanno che il Dr. Mark Cullen
dell’Università di Yale ha usato per primo questo termine negli anni
’80. Nel tempo ho incontrato diversi pazienti che erano stati visitati
dal Dr. Cullen prima della diagnosi di MCS. Sono sconvolta da quanti
problemi seri avessero.
Innanzitutto nessuno di loro era stato sottoposto a test per la valutazione
dell’encefalopatia tossica. Quasi nessuno di loro aveva avuto una
valutazione per la sindrome delle vie aeree iper-reattive. Spesso non
venivano eseguiti neanche test neurologici o, se lo erano, non erano
adatti a rintracciare la neuropatia periferica.
Molti
pazienti sono stati visitati da studenti/tirocinanti e visti dal Dr.
Cullen per 5-10 minuti. Il medico sotto tirocinio eseguiva la anamnesi
medica e la storia delle esposizioni chimiche e sottoponeva al test che
conosceva, ma aveva una scarsa esperienza in medicina del lavoro e nella
valutazione del danno causato da sostanze chimiche. Non venivano
eseguiti i test e le altre analisi che avrebbero potuto documentare
l’encefalopatia tossica, la sindrome delle vie aeree iper-attive o altre
diagnosi già riconosciute correlate al danno causato da esposizioni
chimiche.
Con questo approccio incompleto di
valutazione, è stato coniato il nuovo termine “MCS”. Ciò è in contrasto
con l’eccellente documentazione neurologica della encefalopatia
neurotossica che era stata già realizzata da altri ricercatori clinici
come il Dr. Tom Callender, il Dr. Kaye Kilburn, il Dr. Gunnar Heuser e
altri (1,2,3).
E’ noto che i pazienti con
encefalopatia neurotossica spesso hanno un’intolleranza a esposizioni
chimiche di basso livello (2). La ricerca medica, inoltre, ha dimostrato
che i cambiamenti biochimici e microscopici osservati nella sindrome
delle vie aeree iper-attive sono gli stessi di quelli osservati in
pazienti con diagnosi di MCS (4).
La ricerca più
recente ci fornisce una maggiore comprensione della biochimica
dell’intolleranza alle esposizioni chimiche a basse dosi.
Di
solito in medicina, quando esiste una categoria diagnostica ormai
largamente accettata (per esempio encefalopatia neurotossica, sindrome
delle vie aeree iper-attive, ecc.) non si crea un nuovo termine. Ciò è
particolarmente importante perchè la ricerca ha ormai stabilito che
l’encefalopatia tossica, la sindrome delle vie aeree iper-attive e altre
forme di patologie causate da sostanze chimiche sono presenti in modo
tipico nelle persone con sintomi cronici e reazioni alle esposizioni a
basse dosi.
Anche se il termine “MCS” è facile da
ricordare, è stato sviluppato senza un’adeguata valutazione medica.
Peraltro le innovazioni scientifiche confermano che, nei pazienti con
danni causati dalle sostanze chimiche, si possono determinare delle
diagnosi riconosciute dalla comunità medica.
Non
c’è più alcun bisogno di lottare per il riconoscimento di un termine che
non è appropriato quando ci sono già modi giusti di documentare
l’encefalopatia o altre patologie già ben accettate come forme di danno
causate dalle sostanze chimiche. Il Dr. Kilburn ha sviluppato un gruppo
di test accurato, convalidato ed economico per documentare
l’encefalopatia neurotossica che sono già consigliati dal Governo degli
Stati Uniti.
La maggior parte dei soci di CIIN ha
condizioni mediche che sono già accettate dalla scienza medica e che
possono essere documentate. Ciò evita alle persone danneggiate dalle
sostanze chimiche di prolungare gli sforzi per essere riconosciuti,
risarciti e assistiti.
CIIN ha fornito un valido
supporto e ha fatto informazione per molti anni per le persone
danneggiate dalle sostanze chimiche. Spero che possiamo tutti lavorare
insieme per usare i progressi scientifici per raggiungere i nostri
obiettivi più velocemente. La scienza e i mezzi di documentazione sono
già disponibili. Sarei molto felice di contribuire a questo processo: le
persone danneggiate dalle sostanze chimiche hanno bisogno di andare
avanti su questi argomenti per ottenere la giustizia che meritano. La
popolazione generale deve sapere che la scienza è già disponibile e ciò
contribuirebbe a prevenire i danni da sostanze chimiche anche nelle
persone che sono attualmente sane.
La dottoressa Grace Ziem laureata con un Master in Salute Pubblica alla Johns Hopkins University (1971) e con un Master in Scienza e Dottorato di Salute Pubblica alla Harvard University (1975), si occupa da quasi 40 anni di tossicologia, medicina del lavoro, igiene industriale, epidemiologia ambientale e del lavoro. Ha insegnato medicina alla University of Maryland , School of Medicine e politiche dei salute ambientale alla Johns Hopkins Scholl of Public Health. E’ stata consulente per l’OSHA del Maryland, per il Dipartimento di Salute dello Stato del New Jersey, per il Dipartimento dell’Ambiente del Maryland, per l’OMS, per il Congresso degli Stati Uniti, per l’Accademia Nazionale delle Scienze, per l’Agenzia di Protezione Ambientale (EPA), per l’Agenzia del Registro delle Sostanze Tossiche e delle Malattie, per il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, per il Dipartimento dei Servizi Sanitari dello Stato della California, per l’Associazione Americana di Malattie Polmonari e per altre Agenzie. Maggiori informazioni sul suo sito www.chemicalinjury.net
Bibliografia
2. K. H. Kilburn, “Chemical Brain Injury”, John Wiley & Son, 1998, pag. 83.
3. G. Heuser; J.C. Wu, “Deep Subcortical (Including Limbic) Hypermetabolism in Patient with Chemical Intolerance: Human PET Studies”, Annals of the New York Academy of Sciences, marzo 2001; 933:319-322.
4. W.J. Meggs, “Neurorganic Inflammation and Sensitivity to Environmental Chemicals”, Environmental Health Perspectives, agosto 2003, 101 (3); 234.-238.
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