una patologia che impedisce di lavorare, studiare, accudire la famiglia
Sempre stanchi, svogliati, smemorati?
A volte può essere una malattia
Sono 300mila gli italiani che soffrono della sindrome da stanchezza cronica, sottovalutata dai medici e tollerata con rassegnazione dai malati. Ecco che cosa fare
MILANO - «Egregio dottore, vorrei sapere se la cosiddetta fatigue è
frequente nei malati di cancro anche dopo le terapie. Frequento la
palestra e voglio mantenermi attiva, ma mi sento stanca, sempre.
Esistono cure al riguardo?» scrive a uno dei forum di Sportello Cancro
Anna, 48 anni e operata con successo di un tumore al seno. Come lei sono
moltissimi i pazienti oncologici, ma non solo, che soffrono di fatigue
(termine inglese che significa debolezza, affaticamento) e stanchezza
cronica. Un disturbo che colpisce a livello fisico e psichico, con
conseguenze sulla vita sociale e sul comportamento di chi ne soffre.
Molti si rassegnano a conviverci, tanti altri scrivono cercando una
soluzione. «La fatigue può essere curata e risolta, ma è
indispensabile una stretta collaborazione fra medico e paziente»
sottolinea Umberto Tirelli, direttore del Dipartimento di oncologia
medica dell’Istituto nazionale tumori di Aviano (Pn), dove esiste anche
un’unità con ambulatorio settimanale e, nei casi più difficili,
possibilità di ricovero. Sono circa 300mila gli italiani che soffrono
della sindrome da stanchezza cronica (Cfs), anche se in Italia (come in
molti Paesi occidentali) sono ancora in tanti a non sapere
dell’esistenza di questa malattia. Invece, purtroppo, la Cfs colpisce
soprattutto i giovani e lascia spesso per molti anni una situazione così
grave dal punto di vista fisico che impedisce di continuare a lavorare o
a studiare.
SOTTOVALUTATA DAI MEDICI - Il problema è particolarmente sentito
dai malati oncologici, tanto da costituire una malattia nella malattia.
Ne soffre, infatti, fino al 90 per cento dei pazienti, soprattutto
durante la chemioterapia, ma in tanti casi la spossatezza persiste anche
dopo la fine dei vari trattamenti. Secondo quanto riportano gli stessi
pazienti, la fatigue influisce pesantemente sulla vita di ogni
giorno: l’89% per cento la ritiene il sintomo che condiziona
maggiormente le attività quotidiane, il 75 per cento è stato costretto a
modificare le abitudini lavorative, il 69 per cento trova difficoltà a
camminare a lungo e si stanca in fretta e più della metà (55 per cento)
ha persino difficoltà ad accudire la famiglia. Se da una parte molti
medici non la riconoscono o sottovalutano i sintomi perché tendono a
sovrapporli a una sindrome depressiva e a una condizione di malessere
generale, dall’altra i malati, non trattandosi di segnali ben definiti e
costanti, tendono a non esporli. Soprattutto chi è in cura per un
tumore ritiene che la debolezza permanente sia parte ineluttabile e
incurabile della malattia. Per questo diverse associazioni europee e
americane hanno indetto lo scorso 12 maggio 2010 una Giornata mondiale
di sensibilizzazione allo scopo di richiamare l’attenzione su questa
patologia così grave da rovinare la vita di molte persone.
ESAUSTI, PIGRI, SVOGLIATI - Molti malati raccontano di avere
difficoltà a compiere le normali attività quotidiane, a concentrarsi e a
prestare attenzione, a parlare e a prendere decisioni o a ricordare le
cose. Inoltre lamentano di non avere la forza di fare nulla, si sentono
completamente svuotati di ogni energia, spesso soffrono di disturbi del
sonno e di una certa fragilità dell’umore. Certo la stanchezza è uno dei
sintomi più frequenti per cui ci si reca dal medico, ma spesso è dovuta
a stress, depressione o a patologie come ipotiroidismo, diabete,
infezioni croniche, malattie infiammatorie croniche. Una diagnosi di
Cfs, quindi, prevede prima l’esclusione di tutte le cause precedenti:
per questo è fondamentale un confronto costante fra medico e malato, una
collaborazione che aiuti a chiarire una situazione di spossatezza
persistente non alleviata dal riposo e che si aggrava con piccoli
sforzi. I segnali a cui prestare attenzione? Questi, se presenti per
almeno sei mesi: disturbi della memoria e della concentrazione così
severi da ridurre sostanzialmente i livelli precedenti delle attività
lavorative sociali e personali, faringite, dolori delle ghiandole
linfonodali cervicali e ascellari, dolori muscolari e delle
articolazioni (senza infiammazione o rigonfiamento), cefalea di un tipo
diverso da quella eventualmente presente in passato, un sonno non
ristoratore, debolezza post esercizio fisico che perdura per almeno 24
ore.
COMBATTERE I SINTOMI SI PUÒ - «Purtroppo per ora non esiste un
medicinale in grado di guarire definitivamente la malattia - spiega
Tirelli -, anche se spesso i pazienti possono trarre dei benefici da
diversi farmaci (antivirali, corticosteroidei, immunomodulatori,
integratori, fra gli altri) e da modifiche dello stile di vita. A volte
si arriva alla guarigione oppure, in un buon numero di casi, si
ottengono miglioramenti significativi». In un futuro non molto lontano,
però, si spera di poter identificare le cause del disturbo per poterlo
diagnosticare e curare meglio. Uno studio pubblicato sul Journal of Clinical Patology,
infatti, ha riscontrato in un gruppo di pazienti con Cfs una serie di
anomalie genetiche che potrebbero essere alla base della disfunzione
nella produzione cellulare di energie. Per il momento, però, bisogna
accontentarsi di contrastare i vari sintomi prendendo, ad esempio,
analgesici per il dolore, eritropoietina in caso di abbassamento del
livello dei globuli rossi, supplementi di ferro o vitamine in caso di
carenza di queste sostanze, corticosteroidi, integratori alimentari e
inibitori delle citochine per ricostituire la massa muscolare. I
migliori risultati, secondo gli specialisti, si ottengono comunque con
la combinazione di medicinali e sostegno psicologico, usando se
necessario anche farmaci antidepressivi.
GINNASTICA, CIBI GIUSTI E SONNO - Il primo passo da fare è
chiedere una visita e un colloquio approfondito con il proprio curante,
che sia l’oncologo o il medico di famiglia, perché la soluzione deve
essere calibrata sul singolo caso. Poi, come suggeriscono gli esperti
dell’Associazione italiana malati di cancro
(Aimac) bisogna organizzare le proprie giornate (a casa e sul lavoro)
senza pretendere troppo da se stessi, onde evitare anche lo sconforto
del non riuscire a fare quello che ci si era prefissi. E ancora, fate un
po' di movimento: stare a letto è molto peggio che costringersi a fare
una breve passeggiata, perché - come hanno dimostrato diversi studi
scientifici - l’attività fisica è di per sé una cura valida. Infine, è
bene mangiare e dormire "quanto basta". Non troppo, perché
un’alimentazione pesante o troppo sonno acuiscono la spossatezza, né
troppo poco perché altrimenti ci si debilita.
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