La
fascite plantare
Il
piede ha la funzione di sostenere e di distribuire
il peso del corpo durante la marcia, la
corsa, i salti e proprio in questi ultimi
due casi si trova costretto a sopportare
delle fortissime sollecitazioni funzionali.
Per questo motivo, soprattutto nell’atleta
di alcune ben particolari discipline sportive,
le patologie a carcio del piede sono numerose
e di svariata eziologia. Con il termine
fascite s’intende l’infiammazione
di una fascia anatomica, nel caso
specifico della la fascite plantare
si fa riferimento ad un processo infiammatorio
del cosiddetto "legamento arcuato"
altrimenti denominato "aponeurosi plantare",
che è una fascia fibrosa che decorre
in avanti dalla zona mediale del calcagno
sino a fondersi con i legamenti che s’inseriscono
sulle dita (vedi figura 1). Vediamo di capire
cosa avviene durante un movimento come la
corsa od il salto a livello della pianta
del piede: nel momento in cui il tallone
viene staccato da terra, l’angolo tra
le dita ed i metatarsi aumenta sino a raggiungere
i 50-60° e l’aponeurosi plantare
viene stirata (vedi figura 1, riquadro B),
quanto maggiormente le dita vengono piegate,
tanto più la fascia viene sollecitata
in stiramento. Per renderci conto dell’entità
del carico che la fascia plantare si trova
a sopportare, basti pensare che durante
il normale cammino ad ogni passo quest’ultima
sopporta un carico pari a circa due volte
il peso corporeo. Un’aponeurosi plantare
eccessivamente tesa ed iper-sollecitata
diviene quindi automaticamente il sito di
una possibile lesione. Infatti, durante
movimenti particolarmente violenti, come
ad esempio la fase di stacco durante il
salto, oppure in situazioni nelle quali
venga fortemente aumentato il carico sulla
pianta del piede, come ad esempio correndo
velocemente in curva, si può verificare
una rottura dell’aponeurosi plantare
alla sua origine calcaneare o nei flessori
brevi delle dita. Anche gli atleti che presentano
un piede eccessivamente pronato sono maggiormente
esposti ad incorrere in lesioni da sovraccarico
a livello dell’aponeurosi plantare,
come appunto la fascite plantare, in quanto
l’eccessiva pronazione provoca una
maggior tensione sull’aponeurosi plantare
stessa. Non esiste invece un legame diretto
tra fascite plantare e piede cavo o piatto.
La fascite plantare si può manifestare
a livello del calcagno, e viene in questo
caso denominata fascite plantare prossimale,
oppure a livello del mediopiede, in questo
secondo caso viene denominata fascite plantare
distale (per visualizzare la diversa dislocazione
fare riferimento alla figura 2).
Figura
1: nel riquadro A è visibile
il piede e l’apononeurosi plantare
nel momento in cui il piede stesso è
totalmente appoggiato a terra. Nel riquadro
B si nota come l’aponeurosi plantare
venga sottoposta ad uno stiramento nel momento
in cui il tallone si stacca da terra. Il
riquadro rosso indica la sede della possibile
infiammazione che si trova all’origine
dell’aponeurosi plantare sul calcagno.
Infine nel riquadro C troviamo l’aponeurosi
plantare vista inferiormente.
Figura
2: vista plantare del piede dove vengono
evidenziate le zone dolorose della fascite
plantare distale e prossimale oltre ad al
tre patologie ricorrenti nel piede dello
sportivo. 1) Fascite plantare distale 2)
Fascite plantare prossimale 3) Sindrome
dolorosa del cuscinetto adiposo del calcagno
4) Intrappolamento del nervo
Figura
3: versante plantare del piede e localizzazione
delle zone dolorose relative alla fascite
plantare prossimale e distale.
Come
si manifesta?
La
fascite plantare normalmente si manifesta
in modo insidioso, all’inizio di un’attività
come la corsa compare il dolore che tende
a sparire con il protrarsi dell’esercizio
stesso, a riposo normalmente il dolore scompare
completamente. Normalmente l’atleta
nello scendere dal letto alla mattina presenta
una zoppia piuttosto dolorosa accompagnata
da rigidità, che peraltro scompare
dopo un breve riscaldamento. Normalmente
si avverte dolore quando ci si porta sulla
punta dei piedi e/ si cammina sui talloni.
Il dolore viene descritto come di tipo "migratorio",
ossia tende ad avere diverse dislocazioni.
Inoltre solitamente la fascite plantare
è associata ad una rigidità
del tendine di Achille.
Come
intervenire?
Fermo
restando il fatto che la fascite plantare
è solitamente una lesione a risoluzione
spontanea, occorre comunque attenersi
ai seguenti punti:
- Durante
la fase acuta applicare localmente del
ghiaccio.
- L’applicazione
del caldo è generalmente sconsigliata
in quanto quest’ultimo provoca
una dilatazione del tessuto connettivo
che può a sua volta esercitare
una pressione sui nervi e acuire in
tal modo la sintomatologia dolorosa.
In qualsiasi caso all’applicazione
del calore dovrebbe immediatamente seguire
quella di ghiaccio.
- Controllare
che le calzature normalmente utilizzate
durante l’attività sportiva
non causino un aumento del carico sull’aponeurosi
plantare, ossia controllare soprattutto
che queste ultime non siano, né
troppo rigide, né troppo morbide.
Farsi eventualmente consigliare da uno
specialista che, in base al "logorio"
presentato dalla scarpa stessa, sarà
in grado di identificare un’eventuale
eccessiva pronazione.
- Se il
dolore durante la fase di carico è
particolarmente intenso, non esitare
ad utilizzare le stampelle.
- Utilizzare
nelle scarpe una "tallonetta"
per meglio assorbire gli impatti durante
la corsa.
- Diminuire
il carico di allenamento, evitare provvisoriamente
la corsa che può essere sostituita
temporaneamente con la bicicletta e/o
il nuoto.
- Effettuare
dello stretching per l’aponeurosi
plantare, il tendine di Achille e la
muscolature del polpaccio, non solamente
sull’arto leso ma, sotto forma
preventiva, anche su quello sano.
- Alcune
volte vengono prescritti dei tutori
notturni che hanno lo scopo di mantenere
la fascia plantare in posizione allungata
durante il riposo notturno, in modo
tale da diminuire la sensazione di rigidità
mattutina spesso presente.
- Alcune
terapie fisiche, spesso prescritte,
come ad esempio la iontoforesi oppure
il massaggio, possono essere inizialmente
di qualche giovamento ma, a lungo termine,
si rivelano solitamente inefficaci.
Quando
si può ritornare all’attività
sportiva?
Anche
se ben trattata una lesione di una certa
severità, che si presenti sotto forma
cronica, richiede dei tempi di guarigione
dell’ordine di circa 6 mesi. Purtroppo
occorre ricordare che le ricadute sono piuttosto
frequenti ed il problema può ripresentarsi
dopo pochi mesi. Molte di queste ricadute
sono comunque da imputarsi all’eccessiva
smania dell’atleta nel ritornare in
tempi troppo brevi all’attività
sportiva, che spesso viene ripresa anche
in presenza di una residua sintomatologia
dolorosa. Questo costituisce un grave errore,
che può comportare spiacevoli conseguenze,
l’attività sportiva non dovrebbe
assolutamente essere ripresa se non alla
totale scomparsa del dolore onde evitare
possibili e sgradevoli ricadute. Se nonostante
un idoneo trattamento il problema persiste
per oltre 6-12 mesi, si può decidere
per il trattamento chirurgico che prevede
l’utilizzo di diverse tecniche, tra
le quali, quella normalmente più
utilizzata, prevede la liberazione della
fascia plantare dal suo inserimento sul
calcagno tramite incisione chirurgica. In
questo caso la ripresa dell’attività
sportiva richiede tempi compresi tra i 2
ed i 3 mesi, anche se spesso questi ultimi
si dilatano. Le complicazioni più
frequenti sono costituite dal dolore persistente
a livello dell’incisione o dalla lesione
del nervo calcaneare mediale in seguito
all’intervento. Il ricorso al trattamento
chirurgico, comunque piuttosto raro, garantisce
una percentuale di successo nel 75 —
80% dei casi.
Alcune
esercitazioni da effettuare durante la fase
riabilitativa.
Dorsiflessione
assistita: seduti sul pavimento fate
passare un asciugamano sotto la pianta
del piede, tirate verso l’alto ed
in avanti per effettuare un allungamento
della fascia plantare, mantenere la posizione
per circa 15-20 secondi, effettuare almeno
10 ripetizioni. L’esercizio dovrebbe
essere eseguito, secondo le modalità
sopra indicate, almeno per tre volte nell’arco
della giornata.
Allungamento
del tendine di Achille e della muscolatura
del polpaccio: mettetevi di fronte ad
una parete ed appoggiatevi a quest’ultima
con entrambe le mani, piegate i gomiti sino
a portare la fronte a contatto della parete
avvertendo una sensazione di allungamento
a carico della muscolatura del polpaccio.
Mantenete la posizione per 10-15 secondi
ed effettuate 15 — 20 ripetizioni intervallate
da 10 secondi di recupero sulla stessa gamba,
oppure alternate l’esercizio sulle
due gambe.
Toe
raises doppio: appoggiate entrambi gli
avampiedi sopra un gradino od un qualsiasi
tipo di rialzo schiacciate verso il basso
con le dita dei piedi ed alzate i talloni.
Mantenete questa posizione per 10 —
15 secondi, rilassatevi per 10 secondi ed
effettuate dalle 15 alle 20 ripetizioni.
Toe
raises singolo: come l’esercizio
precedente ma effettuato alternativamente
prima su di una gamba e poi sull’altra.
GLOSSARIO
Eziologia
o etiologia: termine che indica la causa
di una qualche malattia.
Fascia:
uno strato o una guaina connettivale a tessitura
più o meno compatta, localizzata
nel sottocutaneo, dove investe e separa
muscoli o altri organi. In genere vi si
riconoscono due strati: uno più superficiale
e uno più profondo (aponeurosi).
Lesione
a risoluzione spontanea: lesione che
regredisce spontaneamente.
Cronica:
una malattia viene definita cronica quando
è caratterizzata da un esordio lento
e da un decorso prolungato.
di Gian Nicola Bisciotti
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