Al comma 2 dell'art. 41 viene aggiunta un'ulteriore tipologia di visita di idoneità alla mansione, ovvero quella che deve precedere la ripresa del lavoro,
nel caso in cui, per motivi di salute, il lavoratore sia stato assente
continuativamente per più di sessanta giorni. Anche in questo caso la
tipologia di visita per "lunga malattia" di cui alla lett. e-ter),
presuppone necessariamente una delle ipotesi di sorveglianza sanitaria
di cui al comma 1 dell'art. 41; in assenza di tale presupposto, questa
visita, come del resto tutte le altre, dovrà considerarsi illegittima.
La nuova disposizione impone al medico competente di formulare, in ogni caso, il giudizio di idoneità/inidoneità per iscritto, e di quel giudizio darne copia, invece di informarli semplicemente per iscritto, al lavoratore e al datore di lavoro.
Le
modifiche alla disciplina della sorveglianza sanitaria si concludono
con la sostituzione del comma 1 e l'abrogazione del comma 2 dell'art.
42. Il nuovo comma 1 si presenta come una contrazione dei due commi
precedenti, in cui scompaiono, in particolare, i riferimenti all'art.
2103 c.c. ed all'art. 52 del D.lgs. n. 165/2001.
Nel nuovo art. 42, viene, inoltre, meno il riferimento all'obbligo di adibire, "ove possibile" il lavoratore ad una mansione "compatibile con il suo stato di salute"
ed a quello che il lavoratore adibito a mansioni inferiori conservi,
oltre la retribuzione, anche la qualifica originariamente prevista per
le mansioni precedentemente svolte. Ne consegue che, dopo il correttivo,
il datore di lavoro dovrà attuare le misure indicate dal medico
competente e qualora le stesse prevedano un'inidoneità alla mansione
specifica, dovrà adibire il lavoratore, ove possibile, innanzitutto a
mansioni equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori.
Meritevoli
di menzione sono anche le modifiche apportate dall'art. 15 del d.lgs.
n. 106/2009, all'art. 25, comma 1, del testo unico, dedicato agli
obblighi del medico competente.
La
modifica più significativa è certamente l'abrogazione della lett. f):
viene meno l'obbligo di inviare "all'ISPESL, esclusivamente per via
telematica, le cartelle sanitarie e di rischio nei casi previsti dal
presente decreto legislativo, alla cessazione del rapporto di lavoro,
nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno
2003, n. 196".
Insieme
a tale obbligo del medico competente, viene conseguentemente meno la
facoltà del lavoratore interessato di chiedere copia delle predette
cartelle all'ISPESL anche attraverso il proprio medico di medicina
generale".
Nella
nuova stesura della lett. c) si conferma che il medico competente
"istituisce, aggiorna e custodisce, sotto la propria responsabilità, una
cartella sanitaria e di rischio per ogni lavoratore sottoposto a
sorveglianza sanitaria", ma tale cartella, diversamente dal passato, "è
conservata con salvaguardia del segreto professionale e, salvo il tempo
strettamente necessario per l'esecuzione della sorveglianza sanitaria e
la trascrizione dei relativi risultati, presso il luogo di custodia
concordato al momento della nomina del medico competente"; viene
pertanto meno la previsione secondo la quale, solo "nelle aziende o
unità produttive con più di 15 lavoratori il medico competente concorda
con il datore di lavoro il luogo di custodia", cosicché, all'atto della
nomina del medico dovrà essere concordato anche il luogo di custodia
delle cartelle sanitarie e di rischio, le quali, tuttavia, resteranno,
in ogni caso (vale a dire anche se il luogo di custodia concordato fosse
la sede dell'azienda o dell'unità produttiva), sotto l'esclusiva
responsabilità dello stesso.
La lett. e) viene interamente riformulata: il medico competente è obbligato a consegnare al lavoratore, alla cessazione del rapporto di lavoro "copia della cartella sanitaria e di rischio";
mentre rimane invariato l'obbligo di fornire al lavoratore "le
informazioni necessarie relative alla conservazione della medesima", del
tutto nuova e condivisibile è la previsione secondo la quale:
"l'originale della cartella sanitaria e di rischio va conservata, nel
rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n.
196, da parte del datore di lavoro, per almeno dieci anni, salvo il
diverso termine previsto da altre disposizioni del presente decreto".
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